La coalizione cristiana era stata promossa alacremente da Papa Pio V per soccorrere materialmente la veneziana città di Famagosta, sull'isola di Cipro, assediata dai turchi e strenuamente difesa dalla guarnigione locale comandata da Marcantonio Bragadin e Astorre II Baglioni. Non a caso, nell'Arsenale veneziano, le truppe francesi di. Come un legame che congiunge la tera al cielo c’è una frase pronunciata per bocca di un angelo che rende stupefatto il Pontefice: “Caelitus victoria - dal cielo la vittoria” (è evidente come la frase pronunciata sia rivolta esclusivamente al Papa, l’unico che volge lo sguardo al cielo). La fontana danneggiata dai bombardamenti del 2 feb. 1944 fu ricostruita dallo scultore Renato Marino Mazzacurati e dagli scalpellini Franco Morando e Sandro De Nicola.[53]. Sempre a Roma, a palazzo Colonna, varie rappresentazioni, spesso in chiave allegorica, ricordano la vittoria di Lepanto di Marcantonio Colonna, i prigionieri turchi e il trionfo del condottiero. L'Armera e la Pandora furono speronate sul fianco dalle navi grosse turche e rimasero bloccate; seguirono scariche di cannoni e lancio di proiettili incendiari che mandarono a fuoco entrambe le navi veneziane e la maggiore delle turche mentre l'altra pur essendone lambita riuscì a scamparla; durante gli scontri affondò anche la Brocheta mentre i turchi, oltre ad una nave grossa, persero due schirazzi carichi di polvere e munizioni e altre quattro imbarcazioni. Questo a causa del volere di Filippo II, il quale non voleva che i Veneziani acquisissero troppi vantaggi dalla vittoria, visto che essi erano i più strenui rivali del progetto politico spagnolo di dominio della penisola italiana[49]. Dopo Lepanto gli occidentali ebbero a disposizione migliaia di prigionieri che furono messi ai remi assicurando, per diversi anni, un motore nuovo alle loro galere. 1571 tra le forze della Lega santa (Spagna, Venezia, Roma e altri Stati italiani, al comando di don Giovanni d'Austria, 1547-1578) e quelle turche (comandate da Mehmet Ali Pascià, m. 1571). Quindi il 7 ottobre 1571 era in realtà il giorno 17, il sole sorse alle 6.40 del mattino e tramontò alle 17.35.», Civiltà e imperi del Mediterraneo nell'età di Filippo II, Battaglie navali, scorrerie corsare e politica dello spettacolo: Le Naumachie medicee del 1589, «(...) la flotta granducale [toscana] non aveva potuto partecipare in modo diretto alla spedizione della Lega Santa nel Golfo di Lepanto, a causa del veto posto da Filippo II che non riconosceva la recentissima investitura granducale (1570) ottenuta da Pio V scavalcando l'autorità imperiale. La battaglia di Lepanto ebbe anche importanti conseguenze all'interno del mondo musulmano, gli Hafsidi e le varie Reggenze barbaresche governavano il Maghreb in nome del Sultano ottomano e sotto il suo protettorato, soprattutto perché costretti dalla sua potente flotta e desiderosi di ottenere protezione contro la Spagna. Va notato che fino al XV secolo, i turchi non avevano vantato particolari attitudini alla vita marinara. La nave ammiraglia ottomana fu abbordata dalle galee toscane Capitana e Grifona[41] e, contro il volere di Don Giovanni, il cadavere dell'ammiraglio ottomano Alì Pascià fu decapitato e la sua testa esposta sull'albero maestro dell'ammiraglia spagnola. Più volte le navi avanzarono e si ritirarono e Venier e Colonna dovettero disimpegnarsi per accorrere in aiuto a Don Giovanni, che sembrava avere la peggio assieme all'onnipresente Marchese di Santa Cruz. Lo stesso argomento in dettaglio: Ordine di battaglia della battaglia di Lepanto. Uno dei più famosi partecipanti alla battaglia fu lo scrittore spagnolo Miguel de Cervantes, che fu ferito e perse la mano sinistra; fu ricoverato a Messina, al ritorno dalla spedizione navale, presso il Grande Ospedale dello Stretto, e si dice che durante la degenza cominciò il suo Don Chisciotte della Mancia. Nella città pugliese di San Vito dei Normanni, un gruppo di sanvitesi tornati incolumi dalla storica battaglia, legarono la storia della Chiesa Madre a ciò che era avvenuto a Lepanto. Fu inoltre vietato il saccheggio delle navi nemiche prima del termine della battaglia sotto pena della forca e colui che avesse denunciato i rei sarebbero stati ricompensati con il bottino da loro raccolto[7]. Bragadin si era opposto, inoltre, alla decisione del Pascià di trattenere a Famagosta in ostaggio uno dei capitani veneziani come garanzia del ritorno delle imbarcazioni turche al porto. Queste flotte erano però meno armate e addestrate delle precedenti, e dopo Lepanto la flotta turca evitò a lungo di ingaggiare grandi battaglie, dedicandosi invece con successo alla guerra di corsa e al disturbo dei traffici nemici. Le nuove navi turche infatti erano state costruite troppo in fretta, tanto che l'ambasciatore veneziano disse che bastavano 70 galee ben armate e ben equipaggiate per distruggere quella flotta costruita con legname marcio e cannoni mal fusi. La sua pelle era stata poi riempita di paglia e innalzata sulla galea del Pascià, che l'aveva condotta a Costantinopoli. Il contenuto è disponibile in base alla licenza, una botte veneziana corrispondeva a circa 640 kg o 751,17 litri, Nave coperta, a vela latina, a fondo piatto, ad un solo ordine di remi, spesso usata dai turchi per il trasporto della cavalleria, brigantino a singolo albero, spesso utilizzato per la guerra di corsa o come piccola nave da carico, Ultima modifica il 27 set 2020 alle 13:55, https://it.wikipedia.org/w/index.php?title=Battaglia_di_Lepanto_(1499)&oldid=115743660, licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Nome medievale dell’odierna cittadina greca di Naupatto, in greco Naúpaktos, nel nomós di Etolia e Acarnania, posta sulla costa settentrionale dello stretto che separa il Golfo di Corinto da quello di Patrasso. Quindi le navi fecero rientro a Napoli. Come già per la Battaglia di Poitiers e la futura Battaglia di Vienna, la battaglia di Lepanto ebbe un profondo significato religioso. La battaglia di Lepanto (Lèpanto; chiamata Nafpaktos [Ναύπακτος] dagli abitanti, Lepanto dai veneziani e İnebahtı in turco), detta anche battaglia delle Echinadi o Curzolari[7], fu uno scontro navale avvenuto il 7 ottobre 1571[8], nel corso della guerra di Cipro, tra le flotte musulmane dell'Impero ottomano e quelle cristiane (federate sotto le insegne pontificie) della Lega Santa che riuniva le forze navali, di cui metà era della Repubblica di Venezia[9] da sola e l'altra metà composta congiuntamente dalle galee dell'Impero spagnolo[9] (con il Regno di Napoli e il Regno di Sicilia),[9] dello Stato Pontificio,[9] della Repubblica di Genova,[9] dei Cavalieri di Malta,[9] del Ducato di Savoia,[9] del Granducato di Toscana[9], del Ducato di Urbino, della Repubblica di Lucca (che partecipò all'armamento delle galee genovesi), del Ducato di Ferrara e del Ducato di Mantova. [42] La vittoriosa guerra di Candia, alla metà del XVII secolo, mostra che il vigore delle forze turche era ancora temibile nel Mediterraneo orientale. La tela va letta dall’alto verso il basso: in alto, al di sopra anche della Vergine, è raffigurato lo Spirito Santo a richiamare la presenza divina. La battaglia di Vienna vide anche l'esordio in combattimento di un futuro, grande condottiero: Eugenio di Savoia. La Battaglia di Lepanto fu una delle ultime grandi battaglie combattute su imbarcazioni a remi, le galee. Quale segreto ha garantito il successo della dinastia Ottomana per secoli e secoli, oltre l'incredibile ferocia utilizzata in battaglia? Non del tutto comunque, visto che nel regime incostante dei venti che caratterizza il Mediterraneo la galea ha il grande vantaggio quanto meno di poter procedere con velocità a remi nei momenti di bonaccia. Al livello inferiore sono raffigurati il Pio V (Pontefice dell'epoca), Marco Antonio Colonna (Capitano Generale della flotta pontificia e viceré di Sicilia), Filippo II (re di Spagna) e il Doge di Venezia; alle loro spalle i propri Protettori (rispettivamente San Pietro, San Giacomo di Compostela e San Marco). Alcuni tra gli storici cristiani che negli anni successivi raccontano l'accaduto sostengono che Mustafà avesse già intenzione di rompere gli accordi, a prescindere dall'atteggiamento di Bragadin. Si racconta che durante il supplizio il Veneziano continuò fino alla fine a insultare ferocemente i Turchi, a testimonianza del carattere sprezzante e orgoglioso dello stesso Bragadin. Secondo la descrizione data dal Summonte, l'armata della Lega Santa era divisa in 4 parti, Corno destro, Corno sinistro, la parte centrale o Battaglia e la riserva o Soccorso[23]. La scarsa coesione tra i vincitori impedì alle forze alleate di sfruttare appieno la vittoria per ottenere una supremazia duratura sugli Ottomani. Il casus belli era stato l'attacco turco a Cipro (possedimento veneziano) l'anno precedente. A bordo erano imbarcati non meno di 36.000 combattenti, tra soldati, venturieri e marinai. Il macabro trofeo, insieme con le teste del generale Alvise Martinengo, del generale Astorre Baglioni, di Gianantonio Querini e del castellano Andrea Bragadin, venne issato sul pennone di una galea e portato a Costantinopoli. Infine l'ammiraglio, considerato il migliore comandante ottomano, Uluč Alì, un apostata di origini calabresi convertito all'Islam (detto Ucciallì oppure Occhialì[29]), presiedeva all'ala sinistra; le navi schierate nelle retrovie erano comandate da Murad Dragut (figlio dell'omonimo Dragut Viceré di Algeri e Signore di Tripoli, che era stato uno dei più tristemente noti pirati barbareschi). Il sultano si sentì dunque legittimato a rivendicare il controllo di Cipro, giovandosi, fra l'altro, del favore con cui auspicava sarebbe stata accolta la dominazione turca dalla popolazione locale, che rimproverava ai veneziani un'eccessiva ingerenza e un troppo duro sfruttamento. Con la galeazza si raggiunse l'apice dell'evoluzione della galea, ma nel contempo essa ne rappresentò anche il canto del cigno. La loro forza, più che per l'armamento o per la tecnica e strategia militari, in cui non superavano per qualità i contingenti occidentali, si era manifestata soprattutto per il tenace spirito di coesione e solidarietà, che tradizionalmente contraddistingueva i corpi armati ottomani. "«...Andate, monsignore, non è tempo di altri affari: ringraziatene Iddio che l'armata nostra, affrontatasi con la nemica, ha guadagnato la vittoria...» v. A. Guglielmotti, I Veneziani avevano potuto misurare l'ostilità spagnola nei loro confronti anche durante la, La citazione viene dal volume di Carlo Maria Cipolla. L'ostinazione di Bragadin aveva scatenato la rabbia di Mustafà, che a sua volta aveva avuto una reazione di eccessiva violenza, tanto da guadagnarsi, una volta tornato in patria, la disapprovazione e il rimprovero da parte dello stesso sultano[21]. Il loro ritorno, infatti, diede una spinta propulsiva alla costruzione della nuova chiesa che stava sorgendo e che, all’epoca, era ferma poco sopra le fondamenta. Di lì a poco, infatti, alle quattro del pomeriggio, le navi ottomane rimaste abbandonavano il campo, ritirandosi definitivamente.